Lucio Corsi arriva a Sanremo 2025 con “Volevo essere un duro”, una ballata che incrocia ironia, vulnerabilità e un’autoanalisi sincera. In questa sua prima apparizione sul palco dell’Ariston, il cantautore toscano ci propone un brano che, pur nella sua leggerezza poetica, affronta il tema del desiderio di apparire forti e invincibili, contrapponendolo alla realtà delle proprie paure e debolezze. Il testo, scritto con una padronanza della lingua italiana che Lucio adora utilizzare, ci offre una riflessione profonda sulla difficoltà di essere se stessi in un mondo che premia l’apparenza della forza.
Introduzione alla canzone
“Volevo essere un duro” nasce come un’esplorazione personale, una sorta di confessione in forma di ballata. Lucio Corsi, che ha saputo farsi notare con brani come “Tu sei il mattino”, ritorna in gara con un testo che gioca con le immagini della virilità e del coraggio, ma che al contempo svela una dimensione estremamente umana e vulnerabile. Il brano si distingue per la sua struttura narrativa, dove ogni verso si configura come un tassello di una vita fatta di tentativi, fallimenti e, infine, accettazione di sé.
L’approccio stilistico del cantautore è particolarmente teatrale: la sua scrittura scorre in un linguaggio diretto e colloquiale, arricchito da metafore e immagini inaspettate, come “un lottatore di sumo” o “una gallina dalle uova d’oro”. Queste figure, pur sembrando giocose, veicolano una riflessione sul contrasto tra il desiderio di essere forti e la consapevolezza delle proprie debolezze.
Analisi del testo
Il brano si apre con una dichiarazione che cattura immediatamente l’attenzione:
“Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro”
Qui il protagonista esprime il desiderio di incarnare una figura irresistibile e intransigente, un robot che non conosce paura. Tuttavia, questo ideale si scontra subito con una realtà più complessa e meno glorificata. L’uso del termine “duro” diventa così un simbolo del contrasto tra l’immagine eroica e l’effettiva fragilità interiore.
Proseguendo, il testo elenca figure esemplificative che il protagonista vorrebbe emulare:
“Un lottatore di sumo
Uno spaccino in fuga da un cane lupo
Alla stazione di Bolo
Una gallina dalle uova d’oro”
Questi riferimenti, che spaziano da immagini della cultura popolare a situazioni surreali, mettono in luce la ricchezza immaginifica del testo. Lucio Corsi gioca con stereotipi e archetipi, ma in modo ironico: il desiderio di essere forte si trasforma in una parodia delle figure eroiche, fino a sottolineare con amarezza il fatto che, alla fine, lui non è altro che se stesso.
L’autore non nasconde le proprie insicurezze:
“Però non sono nessuno
Non sono nato con la faccia da duro
Ho anche paura del buio”
Con queste righe, Lucio ammette apertamente la sua vulnerabilità. L’immagine del “buio” diventa una potente metafora delle paure interiori, mentre l’assenza di una “faccia da duro” simboleggia l’impossibilità di adeguarsi a un ideale che appare irraggiungibile. È un invito a non nascondersi dietro maschere o stereotipi, ma a riconoscere e abbracciare le proprie fragilità.
Successivamente, il testo introduce ulteriori immagini surreali:
“Se faccio a botte le prendo
Così mi truccano gli occhi di nero”
Questo verso gioca con il concetto di autodifesa e di conformismo: il protagonista, nel tentativo di imitare i duri, finisce per essere trasformato, quasi “truccato”, come se la società volesse uniformare ogni imperfezione in un marchio di fabbrica della durezza. È una critica sottile a quel sistema che impone determinati modelli di comportamento, penalizzando chi non riesce a seguirli.
Un elemento ricorrente nella canzone è l’idea che la vita, nonostante le apparenze, sia un gioco semplice, quasi infantile:
“Vivere la vita
È un gioco da ragazzi
Me lo diceva mamma ed io
Cadevo giù dagli alberi”
Questi versi introducono una nota di nostalgia e ironia. La figura materna, che insegna al figlio che la vita è semplice, si contrappone alla realtà di cadute e difficoltà, sottolineando la differenza tra l’idealismo dell’infanzia e la complessità dell’età adulta. È un invito a riscoprire una spontaneità che, seppur effimera, permette di affrontare le sfide quotidiane con leggerezza.
Il ritornello rafforza il messaggio centrale:
“Volevo essere un duro
Però non sono nessuno”
La ripetizione di questa affermazione diventa un vero e proprio mantra, una resa a sé stessi che, paradossalmente, libera il protagonista dall’angoscia di dover essere diverso da come è. Concludere con:
“Non sono altro che Lucio
Non sono altro che Lucio”
è un gesto di autenticità che invita all’accettazione della propria identità, senza cercare di ricorrere a maschere o stereotipi imposti dalla società.
Riflessioni finali
La canzone di Lucio Corsi, con il suo uso sapiente del linguaggio figurato e delle immagini ironiche, ci propone una riflessione profonda sulla difficoltà di vivere in un mondo che esalta la forza a discapito della fragilità. Il testo ci insegna che il vero coraggio non sta nel negare le proprie paure, ma nel riconoscerle e accettarle come parte integrante del proprio essere.
L’approccio intimo e autocritico di Corsi lo rende un autore capace di trasformare le debolezze in un inno all’umanità. La sua capacità di utilizzare la ricchezza della lingua italiana per esprimere concetti complessi in modo diretto è uno degli elementi che rende questo brano particolarmente interessante, sia dal punto di vista musicale che letterario.
L’esperienza di Sanremo 2025, per Lucio Corsi, si configura non solo come una vetrina per la sua musica, ma anche come un momento di condivisione e riflessione.
E tu, cosa pensi di questo percorso tra forza apparente e vulnerabilità autentica? Hai mai sentito il bisogno di nascondere le tue paure dietro un’immagine eroica? Condividi il tuo pensiero nei commenti, la tua opinione è preziosa per arricchire il dibattito su come la musica riesca a raccontare la complessità dell’animo umano.
Il testo di Volevo essere un duro
[Strofa 1]
Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro
Un robot
Un lottatore di sumo
Uno spaccino in fuga da un cane lupo
Alla stazione di Bolo
Una gallina dalle uova d’oro
Però non sono nessuno
Non sono nato con la faccia da duro
Ho anche paura del buio
Se faccio a botte, le prendo
Così mi truccano gli occhi di nero
[Pre-Ritornello]
Ma non ho mai perso tempo
È lui che mi ha lasciato indietro
[Ritornello 1]
“Vivere la vita è un gioco da ragazzi”
Me lo diceva mamma ed io cadevo giù dagli alberi
Quanto è duro il mondo per quelli normali
Che hanno poco amore intorno
O troppo sole negli occhiali
[Strofa 2]
Volevo essere un duro
Che non gli importa del futuro, no
Un robot
Mеdaglia d’oro di sputo
Lo scippatore che t’aspetta nеl buio
Il Re di Porta Portese
La gazza ladra che ti ruba la fede
[Ritornello 1]
“Vivere la vita è un gioco da ragazzi”
Me lo diceva mamma ed io cadevo giù dagli alberi
Quanto è duro il mondo per quelli normali
Che hanno poco amore intorno
O troppo sole negli occhiali
[Post-Ritornello]
Volevo essere un duro
Però non sono nessuno
Cintura bianca di judo
Invece che una stella, uno starnuto
[Bridge]
I girasoli con gli occhiali mi hanno detto: “Stai attento alla luce”
E che le lune, senza buche, sono fregature
Perché in fondo è inutile fuggire dalle tue paure
[Ritornello 2]
Vivere la vita è un gioco da ragazzi
Io, io volevo essere un duro
Però non sono nessuno
[Outro]
Non sono altro che Lucio
Non sono altro che Lucio